“Andremo da dio, lo saluteremo
e se si dimostra ospitale resteremo con lui
altrimenti risaliremo a cavallo e verremo via”
- proverbio mongolo -
Nel ricercare notizie sulla Mongolia ci si imbatte spesso in questo proverbio e a seguire le dimensioni del Paese: 5 volte la Francia, oppure maggiore di Gran Bretagna, Francia, Germania e l'Italia messe assieme con poco più di 2 milioni di abitanti, dei quali, 1 milione vivono nella capitale. Che Paese singolare: al centro dell'Asia, tra Russia e Cina, con deserti, foreste, laghi e montagne è una terra estrema, forse l'ultimo paradiso degli orizzonti e del silenzio. L'imperativo categorico è “turismo responsabile”: si guarda ciò che il Paese offre con rispetto, si comprenderanno meglio i “nipoti” di Genghis Khan. La vivace capitale, Ulaanbataar, ha una periferia di ger di nomadi ormai cittadini, si aggiungono edifici in stile sovietico un po' datati, palazzi dall'architettura asiatica e modernissimi grattacieli, il tutto incorniciato da un da un traffico aggressivo, bar, ristoranti, negozi e telefonisti (persone sedute di fronte a casa con il telefono fisso sopra un tavolino che “vendono” telefonate). Non assomiglia a nulla di già visto. Ma a pochi chilometri dalla città comincia il niente. O meglio, si ritorna al paesaggio primordiale, distese verdeggianti, a tratti brulle, un corso d'acqua che a tratti compare o scompare nell'orizzonte blu. Emozioni a cui non si è abituati, credo. A sud, nel deserto del Gobi, è ancora possibile trovare fossili di dinosauri, salutare dei pastori nomadi nella loro ger: ci si emoziona al “tok toi” (alla salute) del brindisi in onore dell'ospite. Poco oltre, docili cammelli pascolano al tramonto, anche loro aspettano la notte per ammirare le stelle. La Mongolia si può visitare in qualunque periodo, ma la stagione migliore è tra la primavera e l'autunno. Un itinerario classico o un esclusivo safari tra le dune del Gobi sono una emozionante esperienza "primordiale".