XV – Harald Hardrada e la battaglia di Stamford Bridge 

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Di Giovanni Rachello

XV - Harald Hardrada e la battaglia di Stamford Bridge 

Nell’anno 1066 ebbe luogo l’ultima grande invasione norvegese dell’Inghilterra. Nei secoli precedenti le navi dei norreni, provenienti da Danimarca, Norvegia e Svezia, aveva a più riprese attaccato, saccheggiato e invaso le coste dell’Europa occidentale, arrivando a conquistare vasti territori, soprattutto nel nord della Francia e in Britannia. Qui, la resistenza e la riconquista dell’Inghilterra portata avanti dalla stirpe del Wessex, aveva messo fine ai regni norreni sull’isola ma non alla brama di conquista dei re norvegesi. Così il re Harald Hardrada, vantando diritti dinastici sulla corona inglese, sbarcò in Northumbria nel settembre del 1066 con un esercito di oltre novemila uomini, intenzionato a conquistare il paese con l’aiuto di Tostig di Wessex, il fratello di Harold II, re d’Inghilterra.

La prima battaglia della nuova invasione avvenne il 20 settembre, a Fullford, appena due km a sud di York: qui, i norvegesi, riuscendo a sfruttare la conformazione del terreno paludoso, ebbero ragione dell’esercito anglosassone guidati da Morcar di Mercia e da Edwin di Northurmbria, i quali riuscirono a fuggire verso sud. Harald risparmiò i superstiti e spostò la propria attenzione su York, la principale città dell’Inghilterra settentrionale. Ma egli non aveva previsto l’improvviso arrivo delle truppe di re Harold.

Partito in gran fretta dal Wessex, il sovrano inglese fece compiere ai suoi uomini una marcia forsennata e prodigiosa allo stesso tempo, percorrendo gran parte della Britannia in appena una settimana e arrivando a dare battaglia all’esercito norvegesi il 25 settembre nei pressi del ponte sul fiume Stamford, nella regione dell’Humbre, a sud di York. Qui, gli anglosassoni colsero di sorpresa l’esercito di Harald, del tutto impreparato e in buona parte disarmato, nonostante l’impresa del norvegese del ponte. Le cronache raccontano un uomo immenso, armato di ascia e privo di armatura, che riuscì a difendere da solo il ponte, uccidendo i nemici e buttandoli nel fiume, fornendo tempo prezioso ad Harald per riorganizzare le proprie truppe. La resistenza di questo anonimo guerriero ebbe però termine grazie ad un colpo di lancia e gli inglesi, rimosso questo formidabile ostacolo, riuscirono a compiere un massacro delle truppe vichinghe, ancora non del tutto armate e schierate. I norvegesi riuscirono a resistere a lungo grazie all’arrivo dei rinforzi, ma ciò servì solamente a prolungare la battaglia, al cui termine, Harald e Tostig giacevano a terra senza vita. Ai superstiti, guidato da Olaf, il figlio del re, fu permesso di tornare in patria, giurando ad Harold II che non avrebbero mai più messo piede in Britannia. La grande vittoria del re inglese non lo salvò dalla successiva sconfitta, giunta nel sud ad opera di Guglielmo di Normandia, ad Hastings, nemmeno un mese dopo la battaglia di Stamford Bridge, ma certamente essa pose fine alle brame di conquista della Norvegia e, secondo la storiografia anglosassone, anche all’epoca vichinga, proiettando il nord dell’Europa in una nuova fase della storia medievale.

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