All'arrivo in Egitto si aspetta con impazienza di vedere le Piramidi, la curiosità sull'Islam riguarda più le tradizioni e l'abbigliamento e quasi non ci si accorge delle innumerevoli opere d'arte islamica che il Paese raccoglie. L'arte islamica comprende la produzione di oggetti prodotti a partire dal VII secolo in poi da artisti che sono vissuti in territori culturalmente legati alla religione dell'Islam. Dall'architettura alla calligrafia, l'arte islamica trae le sue origini dall'arte bizantina, romana, paleocristiana, persiana e cinese: forza, armonia, proporzione e leggerezza sono le sue caratteristiche. Si possono identificare alcuni fondamentali periodi storici dell'arte islamica: il periodo iniziale degli Omayyadi (660-750), il periodo medio degli Abbasidi e Selgiuchidi (750-1100), il periodo dei Safavidi (1100-1600) e il periodo degli Ottomani (1600-1920). L'arte islamica si esprime sulla riproduzione della calligrafia araba variando, stile, forma e dimensione dell'alfabeto stesso. Raramente vi sono esempi di figure umane: ciò è dovuto alla sensibilità religiosa dei musulmani, timorosi che alla riproduzione delle forme umane possa corrispondere il peccato di idolatria contro Allah, proibito dal Corano, e che nell'arte come imitazione della natura si possa intravedere il tentativo di copiare l'opera dello stesso Allah. L'arte islamica si deve “leggere” in delicate ceramiche o in enormi portali in cui i versi poetici assumono la forma di colombe, cavalli o fiori, temi molto ricorrenti e facilmente identificabili. Al Cairo, nella cittadella, la moschea di Mohamed Alì non sorprende solo per l'imponenza, ma anche per i raffinati decori; la Moschea del Sultano Hassan di Khan el Khalili è riconoscibile dallo svettante minareto e dalla simmetria della facciata così come la Grande Moschea del Califfo omayyade al-Walik ibn Abdul Malek di Damasco è curata nei minimi dettagli e non una dimensione è lasciata al caso. Spostandoci a Oriente, in Uzbekistan, l'arte islamica subisce l'influenza culturale e artistica delle popolazioni autoctone tanto che le moschee appaiono più “colorate”: piastrelle in ceramica dai colori accesi ravvivano le facciate, non si rappresenta la figura umana, certo, ma le figure antropomorfe non mancano: a Samarcanda, in Piazza Reghistan nel timpano della madrassah Tilla-Kari un animale, che ricorda una tigre, sta cacciando un animale, che ricorda una gazzella, su uno sfondo, che ricorda un prato fiorito... ma la tradizione è rispettata, si tratta di esseri immaginari, non si “imita” la realtà. Ma questo è solo un esempio, l'Uzbekistan, attraversato da secoli per i commerci con l'Oriente, ha raccolto e rielaborato, filtrato e condiviso stili di vita, tradizioni alimentari e attività artistiche, ora espressione di una o di un'altra civiltà dominante... Uno dei piaceri di viaggiare è anche confrontare la propria (o altrui) realtà, in stile ubuntu.