Lasciando le coste mediterranee del nord, dove restano segni gloriosi delle antiche civiltà, il viaggio diventa “safari”, parola swahili (letteralmente, viaggio) che identifica una tipologia di spostamento, arricchitasi nel tempo di un significato più ampio. Agli inizi del secolo scorso, il “safari” era una spedizione di caccia grossa; ricchi europei alla ricerca di adrenalina sfidavano i grandi felini nel loro incontaminato e smisurato territorio. Grandi romanzi hanno raccontato sensazioni, esperienze e sfide vissute anche alla ricerca della propria identità. Hemingway, ne La breve vita felice di Francis Macomber, oltre a regalarmi panorami e atmosfere, mi ha lasciato l'idea che questa terra riesca a cogliere l'essenza di ogni uomo, abbattendo le barriere del conformismo sociale per riportarlo alle sue primitive origini d'avventuriero. Oggi l'Africa è molto cambiata, ma ancora custodisce grandi spazi, scenari insostituibili dove ammirare tramonti incomparabili e udire amplificata l'assordante vita della natura selvaggia. In passato ho sofferto anch'io del “mal d'Africa”: un fortissimo sentimento del viaggiatore romantico. Con il passare del tempo, la mia strada si andava consolidando e la sensazione si è affievolita. Così, quando il mio amico e conterraneo Pierluigi si stabilì in Uganda, bianco emigrato alla ricerca di lavoro, ho pensato che prima o poi sarei andata a trovarlo. Senza fretta, visto che avrei dovuto rinunciare alle comodità cui sono abituata. I suoi racconti via Skype della vita quotidiana, della bellezza e singolarità dell'Uganda, hanno però presto attirato la mia attenzione. Accompagnare i safari è diventato per lui una routine e le immagini forti di queste colline verdissime, delle famiglie dei gorilla da seguire nella boscaglia, si sono rivelate un'attrazione sempre più pressante. Pierluigi continuava a rassicurarmi sull'ormai acquisita stabilità politica del Paese e su di un certo benessere diffuso, giocando la carta della gente: schietta, istintiva, non ipocrita ed assolutamente ospitale. Gli ugandesi celebrano ogni giorno la vita, ti leggono nel profondo e se vieni in pace hai trovato un posto di serenità. In un breve viaggio è difficile immergersi nel quotidiano ed è per questo che la guida è soprattutto mediatore culturale. Sono appena tornata e a parte aver bisogno di qualche giorno di riposo, ne è valsa la pena. E' un viaggio per alcuni aspetti impegnativo: lunghi percorsi su strade spesso fangose e piene di buche, puoi imbatterti in una pioggia battente che ti rende faticoso anche solo camminare ma, per chi ama l'Africa ed i safari, incomparabile è l'aggettivo giusto. Dopo un po' comprendi come la pioggia sia un elemento imprescindibile per la foresta e senti che è amata dai suoi abitanti anche perché dopo di sé porterà sempre l'arcobaleno! Qui si cerca di incontrare e seguire gli animali con educazione, nel totale silenzio, noi guidati e sorretti da portatori instancabili e adorabili per quanta grazia e disponibilità ti offrono. L'emozione poi di avvicinarsi alla “tua” famiglia di Gorilla è indescrivibile. Si entra nei parchi a numero chiuso, si viene divisi in piccoli gruppi ad ognuno dei quali viene assegnata la ricerca di un gruppo di gorilla e da quel momento con i rangers-guida e i portatori si seguono le tracce. Non è indispensabile una particolare preparazione fisica ma è bene conoscere i propri limiti e rispettare sé stessi, anche nello sforzo dignitoso di arrivare alla meta. Mi sono fermata spesso e ho calibrato il respiro e l'attività in modo da godermi il viaggio in comfort e sicurezza. I lodge sono buoni e, come sempre in alta stagione come in agosto, sono strapieni. Ci sono i soliti self-made che dormono in macchina per non aver prenotato per tempo, qualcuno rimane fuori dai parchi per non aver pre-acquistato l'ingresso. Pierluigi e l'autista, soprannominato scherzosamente Nicky Lauda perché è veramente un prudente ed ottimo guidatore, sono simpaticissimi; la sera davanti al fuoco si chiacchiera, magari sorseggiando Whisky. Li abbiamo soprannominati “Ringo”, il bianco e il nero, indissolubili come pilota e navigatore, due facce dell'Africa. Incontriamo anche qualche lussuosa jeep, ma il parco macchine in Uganda è vecchiotto. Come per altri paesi del sud del mondo, la manutenzione è il problema più evidente, non ci sono carrozzieri o pezzi di ricambio. Battisti cantava: “Quel gran genio del mio amico/ lui saprebbe cosa fare/lui saprebbe come aggiustare/con un cacciavite in mano fa miracoli./ Affidarsi a mani esperte conta. L'altra incognita sono le condizioni sanitarie ma alcune precauzioni sono state utilissime come ad esempio usare uno spray antizanzare da vaporizzare sugli abiti una settimana prima e resistente a ben 8 lavaggi. Mi sono sentita bene in questo ruolo di esploratrice al contatto con gli elementi di Gaia, mi sono sentita di appartenerle. Dice un proverbio africano: Il cammino attraverso la foresta non è lungo se ami la persona che stai andando a trovare. Sospiro. Mal d'Africa: viaggio speciale alla scoperta della Perla d'Africa partenza 7 agosto.