Dopo William e Kate, Alberto e Charlene, a ottobre il re del Buthan Jigme Khesar, 31 anni e la dolce Jetsun, 21, sono convolati a giuste nozze. Il re ha già promesso che sarà la sua unica moglie malgrado possa averne altre e ha spiegato arrossendo davanti a deputati e dignitari: "non so cosa dirà il mio popolo di lei, ma io trovo che possieda tutte le qualità che deve avere una donna". Jetsun ha indossato la kira, lunga veste colorata come previsto dal Driglam Namzha (Codice delle buone maniere), obbligatoria per chi ha una carica pubblica o lavora nello Stato. E' stato un evento sotto l'egida della tradizione, appassionato ma non un matrimonio mediatico: nessuna telecronaca in mondovisione, nè schiere di giornalisti o folle oceaniche di turisti. Venuto agli onori della cronaca recente per essere il primo paese al mondo, quasi, “non smoking”, il Buthan è un piccolo regno himalayano incastonato tra India e Cina. Negli anni ottanta il suo giovanissimo monarca introdusse il parametro "FIL, Felicità Interna Lorda" (Gross National Happiness), in controtendenza allo scenario mondiale che, misurandone invece il PIL, prodotto interno lordo (Gross Domestic Product) vedeva il Giappone al massimo del suo fulgore economico, la potente America di Reagan ed i vertiginosi tassi di crescita della Cina di Deng Xiaoping. Tutte grandi potenze alla ricerca di crescita materiale ed economica, il Pil appunto, senza attribuire grande valore alla qualità delle diverse ideologie od alla quantità della serenità della popolazione. Oggi, a trent'anni di distanza, nel corso di una grande crisi economica mondiale ed una conseguente crisi morale e sociale, dopo un aumento dei disastri naturali causati dall'incuria dell'uomo e in presenza di una nuova generazione che rivendica il proprio ruolo nella gestione del futuro, il Buthan torna a riproporre la propria esperienza. Nonostante la propria crescita demografica e quella produttiva, è tra i pochi paesi in via di sviluppo dove è aumentata la copertura boschiva, dove l'agricoltura è biologica, la scuola e la sanità sono gratuite ed il tasso di criminalità è il più basso al mondo. Ma la strada per la felicità è ancora lunga: l'economia è fin troppo legata a quella indiana: un forte fattore che si traduce in influenza geopolitica in un'area calda a confine con il Tibet. Qualche ombra riguarda anche i conflitti con le minoranze religiose, l’alto tasso di abbandono scolastico, l’ancora troppo alta percentuale di mortalità neonatale, la discriminazione delle vedove di origine nepalese o indiana. Il Bhutan sta facendo però grandi sforzi per perseguire il suo modello, salvaguardando la bellezza del territorio, la sua biodiversità, l'arte e la cultura tradizionali. L'apertura delle frontiere nel 1974 ha segnato la fine dell'isolamento ed il turismo è in crescita. Una crescita promossa non solo da una natura incontaminata, da un raffinato artigianato tessile, da festival coinvolgenti come esperienza umana, ma anche perché, se è azzardato pensare al Buthan come modello di democrazia, raccoglie sicuramente grande consenso divulgare il diritto alla felicità. Per raggiungere il Buthan è necessario fare uno scalo. Noi abbiamo scelto di proporre l'ingresso partendo da Calcutta, forse la più tradizionale porta dell'India, invitando il viaggiatore ad una visita di una città spesso tenuta invece ai margini dei tradizionali itinerari in India. Calcutta, sebbene a noi occidentali evochi immagini di povertà, per i bengalesi è il centro culturale e intellettuale del Paese. Kolkata, come si chiama oggi, ha dato i natali ad eroi indiani ed a grandi personalità tra le quali il premio Nobel Tagore ed il filosofo e guru Ramakrishna. Un opportunità ed un pensiero in più per partecipare alla “Danza del Dragone”.